Mauro Marcialis è stato nostro complice durante il PLAGIO del 9 novembre 2013.
Questo è il racconto improvvisato e scritto per noi partendo dagli spunti suggeriti dal pubblico:
- Speranza
- Un occhio esterno
- Viaggio esotico, si!
- Scelta altruistica
- Fratello illegittimo vendicativo
- Trasformazione
- Oggetto che non si trova
Buona lettura!!
Prendi tutti i giocattoli che hai sottratto dalle case-accoglienza dove sei stato destinato nell’infanzia e nell’adolescenza. Mettili in fila: in ordine di grandezza, in ordine di colore. Osservali: la fila finisce con uomo nero stilizzato alto mezzo metro.
Ora cresci, bambino, di colpo, qualche anno, e di colpe, non tue.
Fermati un attimo: ascolta quello che ti dice questo ragazzo che ti assomiglia tanto ad altezza 2010, quando hai sedici anni: i tuoi stessi occhi neri dai tratti vagamente orientali, le tue stesse labbra carnose, le tue stesse mani.
Non coprirti le orecchie, dai credito alle sue parole.
Ascolta, ascolta bene: che i tuoi genitori non hanno voluto riconoscerti, che ti hanno venduto al mercato nero dell’innocenza per pagare i debiti e poterne tenere almeno uno, di figlio.
Ora cresci ancora, dilata i muscoli, coltiva la tua determinazione.
2012: aspetti la maggiore età, per vendicare il maggiore dei crimini.
Ecco, sei pronto; ecco le radici del tuo odio, ecco il piano per vendicarti.“Getti un’occhiata sul tuo braccio scoperto.
Quando riapri gli occhi rivedi frattaglie di te: già, quegli occhi e le tue labbra.
Hai tuo fratello, davanti.
Getti un’occhiata sul tuo braccio scoperto. Noti la vena gonfia, e un sorso di sangue.
– Mi hai drogato, vero?
Lui dice “sì”, dice “so cosa vuoi fare”, dice “non posso permetterlo”.
Le percezioni: al minimo. La pistola: non c’è. A tastoni con le mani sulle pietre del suolo: niente.
“Non posso permetterlo” ripete, e poi ti lancia addosso una sassaiola di motivi.
Io e non te: potreste dire entrambi.
Ma solo uno di voi è rimasto fuori da una casa, da un’identità, da un futuro.
E quello sei proprio tu.
Ora cresci, bambino, di colpo, qualche anno, e di colpe, non tue.
Fermati un attimo: ascolta quello che ti dice questo ragazzo che ti assomiglia tanto ad altezza 2010, quando hai sedici anni: i tuoi stessi occhi neri dai tratti vagamente orientali, le tue stesse labbra carnose, le tue stesse mani.
Non coprirti le orecchie, dai credito alle sue parole.
Ascolta, ascolta bene: che i tuoi genitori non hanno voluto riconoscerti, che ti hanno venduto al mercato nero dell’innocenza per pagare i debiti e poterne tenere almeno uno, di figlio.
Ora cresci ancora, dilata i muscoli, coltiva la tua determinazione.
2012: aspetti la maggiore età, per vendicare il maggiore dei crimini.
Ecco, sei pronto; ecco le radici del tuo odio, ecco il piano per vendicarti.
Non hai nemmeno bisogno di trasformarti troppo.
I capelli, sì: quelli di tuo fratello sono più corti. I vestiti, anche: che lui indossa sempre abiti sartoriali. Gli occhiali da vista: li hai trovati simili al mercato dell’usato.
Beretta 84 con i codici bruciati, non identificabili: sempre mercato, questa volta nero.
Sei pronto davvero, la rabbia che hai accumulato nel frattempo si fa pugno stretto, il disprezzo che si è dilatato nel tuo animo in tutti questi anni si fa motore…
Percorri a piedi il tratto di strada che ti separa da lui, dalla casa dove hai scoperto che vive quel padre che ti ha costretto a un’esistenza a metà.
Il buio ha già avvinghiato la città. Quello spillo di luce che lo penetra ad un tratto, piovuto da un lampione, ti permette di notare che c’è qualcuno alle tue spalle. Dopo tre deviazioni di percorso incoerenti, hai la certezza che ti stia seguendo. Provi a sorprenderlo nascondendoti dietro un vicolo, ma lui è più veloce di te.
Un pugno e un occhio ti si chiude, un secondo colpo e la tua fronte si apre.
E gli abissi sono già lì ad attenderti.
“Getti un’occhiata sul tuo braccio scoperto.
Noti la vena gonfia, e un sorso di sangue.”
Cosa succede, ora? Cos’è questo mare che si mescola al cielo proprio laggiù, nell’orizzonte celeste? Cos’è questa capanna di palme che fa ombra al tuo odio? E come fanno a ballarti intorno così tante sirene, senza mai stancarsi, senza mai smettere di sorriderti?
Quando riapri gli occhi rivedi frattaglie di te: già, quegli occhi e le tue labbra.
Hai tuo fratello, davanti.
Getti un’occhiata sul tuo braccio scoperto. Noti la vena gonfia, e un sorso di sangue.
– Mi hai drogato, vero?
Lui dice “sì”, dice “so cosa vuoi fare”, dice “non posso permetterlo”.
Le percezioni: al minimo. La pistola: non c’è. A tastoni con le mani sulle pietre del suolo: niente.
“Non posso permetterlo” ripete, e poi ti lancia addosso una sassaiola di motivi.
Io e non te: potreste dire entrambi.
Ma solo uno di voi è rimasto fuori da una casa, da un’identità, da un futuro.
E quello sei proprio tu.
Facile per lui, stare a fare la parte della centrifuga che spurga la sporcizia di un demone.
Il tuo odio si arrampica e si posiziona ancora nelle tue più oscene intenzioni.
Come, come, puoi perdonare?
Tuo fratello insiste, continua a spiegarti gli anni di tormento e di afflizione. Per tutti. Per tutta la tua famiglia. Dolori insostenibili, ritornelli di colpe urlate nel cuore della notte.
La droga che ti è stata iniettata è a bassa tensione, ma ha il potere di anestetizzare la tua angoscia. Il tono della voce di tuo fratello si fa gradualmente più seducente, e ora inizia ad avvertire tutta la delirante spossatezza del tuo proposito.
E quando allunga una mano per consegnarti la pistola, sai con certezza che tuo fratello non sta bluffando.
Sai con certezza che ti sta accordando un bonus per il futuro, una carta da giocare chissà quando e chissà dove e chissà perché…
Una speranza.
Ripensi alla fila dei tuoi giocattoli allineati.
Grandezza.
Colore.
C’è un piccolo peluche ad aprire la fila dei tuoi vecchi giochi.
È una sirena bianca.
Si muove per venire a cullare il tuo cuore…
E quando si balla così,
nell’arena del tuo rancore,
rimane posto solo per una stretta di mano gemella,
e un lungo inchino.
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